top of page

LICENZIAMENTO CAUSA FACEBOOK

- L’Avvocato del Lavoro commenta:

E’ possibile che un lavoratore possa essere licenziato dal datore di lavoro per cause riconducibili all’utilizzo di Facebook? I nostri Avvocati del Lavoro analizzano diversi casi di lavoratori licenziati a causa di Facebook.

-risponde l’Avvocato del Lavoro.

Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Milano e l’Avvocato del Lavoro di Torino in questo articolo analizzano un tema di estrema attualità, ed in quanto tale molto ricorrente, il quale prevede l’enucleazione di alcuni casi in cui è possibile licenziare un lavoratore a seguito dell’utilizzo del rinomato social network: Facebook.

L’Avvocato del Lavoro preliminarmente chiarisce che l’uso di Facebook e dei social networks in generale, è un’abitudine ormai consolidata e diffusa all’interno della nostra società, ma altrettanto diffusa e consolidata è anche quella parte di giurisprudenza che ha ad oggetto proprio l’abitudine di utilizzare Facebook durante l’orario di lavoro.

Diverse sono le conseguenze che discendono nel rapporto tra dipendente e datore di lavoro, infatti molti sono stati i casi di licenziamento per causa imputabile a Facebook.

A tal proposito, si evidenzia che non vi è un solo motivo per il quale è possibile licenziare a causa di Facebook, infatti i casi sono stati diversi ed è facilmente comprensibile come la casistica con il tempo vada aumentando.

  • Il primo caso, oggetto di analisi dell’Avvocato del Lavoro di Milano e dell’Avvocato del Lavoro di Torino, riguarda i dipendenti che su Facebook denigrano il proprio datore di lavoro, o peggio ancora, parlano male dell’azienda per e in cui lavorano. A tal propositi, un presupposto vincolante dal quale è indispensabile partire, fa capo al momento in cui si sottoscrive il contratto di lavoro con l’azienda, ovvero il momento in cui inizia tanto il rapporto fiduciario quanto la sua diretta conseguenza ossia l’obbligo di fedeltà (di cui all’Art. 2105 Codice Civile); tale norma prevede il divieto del lavoratore di divulgare notizie riguardanti l’organizzazione o i metodi di produzione ed altresì, vieta di farne uso in modo che possa recare danno all’azienda.

  • Un secondo caso riguarda il profilo privato di cui il lavoratore risulta titolare su Facebook; a tal proposito, la Cassazione considera il oggetto di analisi, al pari di un comune quotidiano e dunque in quanto tale da considerarsi come pubblico. Pertanto, l’utente che imposta il profilo come privato non è tutelato né tanto meno tale metodo di protezione viene considerata sufficiente per proteggersi da un eventuale licenziamento a causa di Facebook, in considerazione del fatto che non è possibile controllare l’ulteriore diffusione di quanto affermato.

Un caso analizzato riguarda la figura di un dipendente di una mensa scolastica, madre di una bambina studente nella stessa scuola, che insieme ad altri genitori ha criticato i prodotti serviti nella stessa mensa. In sua difesa la Sig.ra ha affermato che la sua critica era in qualità di genitore e dunque di persona che usufruiva del servizio e non in qualità di dipendente; da sottolineare come, nonostante la donna non avesse espressamente fatto riferimento all’azienda per la quale prestava servizio, sia stata, in ogni caso, licenziata.

Similare, la vicenda di un dipendente di Parma il quale su Facebook aveva lamentato il comportamento vessatorio dei datori di lavoro, venendo costretto a lavorare anche di domenica; in questo caso la difesa ha puntato sulla mancanza di espressi riferimenti al datore di lavoro, in quanto l’intento finale del lavoratore era solo di rivolgere una critica all’organizzazione generale del lavoro. Nonostante ciò, il Tribunale di Parma ha confermato il licenziamento ed altresì ha condannato il lavoratore al pagamento delle spese. In questo ultimo caso, l’Avvocato del Lavoro di Milano e l’Avvocato del Lavoro di Torino spiegano che il comportamento particolarmente severo del giudice è stato “giustificato” con lo svolgimento di mansioni di responsabilità del dipendente verso il personale e dunque da una sorta di rapporto fiduciario “rafforzato” con il datore di lavoro.

Altro caso che ha portato al licenziamento ha coinvolto un dipendente che mentre era in malattia postava foto delle vacanze al mare. Il questo caso vi è stata una palese violazione del rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro.

Da ultimo, un caso molto importante riguarda un dipendente di uno studio medico il quale trascorreva diverso tempo in rete ed in particolare su Facebook. Il datore di lavoro ha semplicemente controllato la cronologia della navigazione, e da ultimo stamparla. Tale dato ha permesso di rilevare numerosi accessi eseguiti più volte nell’arco di una giornata ed eseguendo un rapido e semplice calcolo è emerso che in circa 3 ore di lavoro vi erano giornalmente in media 16 accessi. La dipendente ha censurato il comportamento del datore di lavoro che avrebbe violato la sua privacy con tali controlli. Il giudice (Trib. Brescia, sentenza n. 782 del 2016), invece, stabilito che il controllo della cronologia degli strumenti di lavoro non costituisce violazione della privacy, in quanto non si tratta di un controllo sulla produttività ed efficienza vietato dall’Art 4 della Legge 300/1970 c.d. “Statuto dei Lavoratori” , bensì si tratta di semplice controllo per il quale non risulta necessario installare alcun dispositivo di controllo.

In tale ultimo caso, il giudice ha sottolineato che il comportamento della dipendente era idoneo ad incrinare il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, considerata la costante sottrazione di tempo all’attività lavorativa e distrazione delle risorse messe a disposizione per il lavoro (computer), ancor più approfittando della mancanza di controlli da parte del datore di lavoro.

In conclusione, la Corte di Cassazione (sentenza n. 10955/2015) LINK 4 ha stabilito che non vi è violazione della privacy quando il datore di lavoro, al fine di condurre indagini difensive nei confronti dei dipendenti fannulloni, decide di creare un profilo falso o di dare a terzi l’incarico di controllare le presenze del dipendente sui social network attraverso contati fake.

Pertanto, al fine di evitare il licenziamento per causa Facebook, l’Avvocato del Lavoro di Milano e l’Avvocato del Lavoro di Torino consigliano di fare un uso oculato degli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia durante l’orario di lavoro, proprio al fine di evitare spiacevoli derive lavorative!

Vuoi saperne di più e scoprire se il datore di lavoro è legittimato a licenziare un dipendente a seguito dell’inopportuno utilizzo di Facebook durante l’orario di lavoro? Rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro di Milano o Torino!

Post recenti
Archivio
Cerca per tag
Non ci sono ancora tag.
bottom of page