LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER USO MAIL AZIENDALE - L’Avvocato del Lavoro commenta:
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro, n. 22353/2015 in tema di licenziamento del lavoratore per uso personale mail e computer aziendali.
Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha dichiarato illegittimo il licenziamento comminato a un lavoratore in ragione “dell’uso improprio di strumenti di lavoro aziendali e nella specie del personal computer in dotazione, delle reti informatiche aziendali e della casella di posta elettronica”.
Le argomentazioni degli avvocati giuslavoristi, già accolte in primo e secondo grado, valgono accolte anche in ultima istanza e valgono il rigetto del ricorso dell’azienda. Sotto un primo profilo la Corte si limita a richiamare quanto correttamente rilevato dai giudici di prime cure per cui gli addebiti contestati al lavoratore “rientravano nella previsione dell’art. 53 del contratto collettivo, che prevede solo la sanzione conservativa”. Ancora la Corte nega, accogliendo le difese degli avvocati del resistente, l’esistenza di elementi che possano far considerare la condotta più grave rispetto a quanto previsto dal contratto valutando che “non era emerso che l’utilizzo personale della posta elettronica e della navigazione in internet avessero determinato una significativa sottrazione di tempo all’attività di lavoro, né che la condotta avesse realizzato il blocco del lavoro, con grave danno per l’attività produttiva”.
Sotto tale profilo la Corte non perde dunque l’occasione per applicare, sia pure non espressamente, il principio di proporzionalità, vero e proprio cardine del diritto del lavoro, per cui ogni sanzione deve essere proporzionata alle condotte contestate.
IL principio sopra menzionato è alla base del percorso argomentativo della Corte anche laddove disattende anche la tesi degli avvocati del datore di lavoro, secondo cui i fatti contestati avrebbero integrato anche la violazione del “dovere di obbedienza” imposto dall’art. 2104 cc in quanto priva di puntuale riscontro la circostanza per cui “l’addebito mosso al dipendente riguardasse infrazioni disciplinari diverse e più gravi rispetto alla fattispecie, contemplata dal contratto collettivo (richiamato nella lettera dì contestazione), di uso improprio di strumenti aziendali”.
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